Alcune opere di design di Martino Gamper |
Nel paesaggio fluido della creatività contemporanea, è possibile rintracciare tanti approcci diversi al progetto di design. In ogni caso, sembra tramontato in via definitiva quello che per decenni è stato il suo carattere principale e costitutivo: la dimensione industriale e seriale degli artefatti. Nella fase "classica" del design, compresa tra gli anni Trenta e Settanta, l'idea dominante del design coincide con quella della standardizzazione per un mercato omogeneo, e cioè per un'utenza indifferenziata.
Oggi una falange del design d'arredo intrattiene con la sfera dell'arte un rapporto intrigante e fecondo, anche se non univoco. Crollate le inibizioni dell'età della macchina, nel campo del design rientrano anche gli oggetti in tiratura limitata, o addirittura quelli in esemplare unico, comunque frutto di un'esecuzione rigorosamente hand made.
In verità, l'osmosi tra i due mondi è complessa e assai variabile. Avviene sia sul piano concettuale sia su quello operativo, senza però declassarsi al puro artigianato. Il design si avvicina all'arte innanzitutto riconoscendo al manufatto un valore altamente espressivo e simbolico. Qui il valore dell'immagine soppianta quello della funzione, specie se si avvale di linguaggi sperimentali. Ad esempio, le creazioni di Martino Gamper piacerebbero molto a Duchamp. Gamper rimonta l'oggetto dopo averne decostruiti altri, in un frenetico readymade che rispecchia, in piccolo, la condizione contemporanea.
Le scelte materiche non rivestono affatto un ruolo accessorio. Anzi, i materiali rilanciano l'esperienza della tattilità e del coinvolgimento emotivo, caratteri chiaramente lontani dalla neutralità delle plastiche stampate a iniezione.
Anzi, in molti casi la materia diviene protagonista in quanto portatrice di spunti creativi. Nella prospettiva ecologista, è nel riciclo di elementi dismessi che l'oggetto può assumere la valenza di oggetto unico, frutto peraltro di un percorso esecutivo decisamente manuale.
Fonte: Exibart
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