mercoledì 7 novembre 2012

L'Italia un paese di mostre: 11mila all'anno. Se ne inaugura una ogni 45 minuti.




Undicimila mostre all'anno sono poco o troppe? In Italia oggi se ne inaugurano 32 al giorno, una ogni 45 minuti, in 4.000 sedi disseminate in più di 1.500 centri urbani ed extraurbani. Emerge dalla ricerca intitolata "Le mostre al tempo della crisi. Il sistema espositivo italiano negli anni 2009-2011" condotta per Florens 2012 dalla Fondazione di Venezia.
A illustrare i dati Guido Guerzoni dell'Università Bocconi, che ha commentato: ''A dispetto della crisi, l'Italia è diventata un dispendioso e rutilante mostrificio. Mancano i denari eppure si investono centinaia di milioni di fondi pubblici per finanziare 'irripetibili' esposizioni di capolavori internazionali''. Insomma rimbalza più scottante che mai con questa ricerca il tema della programmazione culturale sul territorio, il ruolo dei musei, delle Sovrintendenze e degli spazi espositivi.

Per la prima volta è stata indagata la struttura del sistema espositivo italiano, analizzando 9.409 mostre organizzate nel 2009 e 6.120 nel 2011. E' stata analizzata la distribuzione geografica delle mostre, le tipologie e la natura delle sedi ospitanti, i temi espositivi, la durata media, la struttura del calendario nazionale, le politiche tariffarie, il numero di visitatori, i curatori.
Le regioni con il maggior numero di mostre nel 2009 sono state la Lombardia (1.776) e il Lazio (1.245), seguite dalla Toscana (992), dall'Emilia Romagna (861), dal Veneto (823) e dal Piemonte (731). Trend confermato nel 2011, con la Lombardia (1.345) seguita da Lazio (954), Toscana (534), Veneto (439) e Piemonte (387); agli ultimi posti si trovano le regioni meridionali: la somma di tutte le mostre organizzate nel sud e nelle isole non raggiunge il totale nel 2009 di Roma (1.015) o Milano (1.001).

Per quanto riguarda la distribuzione interna, a parte Lombardia, Lazio, Piemonte e Campania, dove i capoluoghi regionali totalizzano più del 60%, nelle altre regioni la situazione è, nello squilibrio generale, più equilibrata: i casi più lampanti sono quelli dell'Emilia Romagna (dove nel 2009 sono state organizzate 50 mostre a Bologna e 811 negli altri centri) e della Toscana (339 contro le 168 di Firenze nel 2011), seguite da Sicilia, Puglia, Marche, Umbria, Trentino Alto Adige, Abruzzo e Calabria.

Si programma poco e male, con forti oscillazioni dei livelli di offerta, che non vengono ancorati a disegni di sviluppo, né a piani di redistribuzione territoriale per armonizzare i flussi di visita. Ne conseguono rivalità e affollamenti.
Vi sono aree in cui, nel raggio di 42 km, sono simultaneamente aperte anche 11-12 mostre, l'una contro l'altra armata, in cui gareggiano migliaia di fenomeni: l'Italia conta più di 30.000 curatori di mostre (dal database di UnDo.net) e alcuni di essi curano più di 15 eventi all'anno. Una ogni quattro settimane.
Considerazioni analoghe riguardano le sedi: a fronte dei 4.210 musei censiti nel 2004 in Italia, nel 2009 sono state rilevate ben 3.876 sedi espositive. Tuttavia, solo un terzo delle mostre è ospitato presso strutture museali (una percentuale molto più bassa che all'estero), laddove più del 60% è allestito presso spazi utilizzati solo per eventi temporanei.

Si tratta quasi sempre di edifici storico-monumentali, non sempre i più idonei, poiché patiscono vincoli che rendono più costose e complicate tali attività. Assai sorprendente è pure l'esame dei temi espositivi, che registra il netto predominio dell'arte contemporanea, che detiene il 65,1% del totale, seguita da un altro genere, la fotografia, con il 10,4%, a sua volta tallonata dalle esposizioni documentarie, dalle mostre di illustrazione/grafica e da quelle di arte moderna (scese nel 2011 al 3,1%), che continuano a diminuire insieme a quelle archeologiche e di arte antica, a causa degli alti costi di realizzazione e del disinteresse di buona parte del pubblico, segnatamente di quello più giovane.

Veleggiano a fondo classifica le mostre dedicate ai temi scientifici e tecnologici, alla moda e al design, all'architettura e ai media, alla comunicazione e ai bambini, alle questioni sociali e di genere. Va, tuttavia, precisato che l'etichetta di ''arte contemporanea'' cela spesso la promozione di geni locali, la ''contemporaneità''' di certe produzioni è certificata solo dalla permanenza in vita dei relativi autori. Il 60% delle mostre dura meno di 30 giorni.
Un palinsesto frammentato con una moltitudine di nanomostre che oscurano le iniziative più serie, se è vero che in media risultano contemporaneamente aperti 1.421 eventi. Per fortuna nove mostre su dieci sono a ingresso gratuito (quelle a pagamento erano il 12,1% nel 2009 e 10,3% nel 2011). Le serie storiche relative ai visitatori dei musei e delle mostre palesano, infatti, lo squilibrio creatosi tra i rispettivi tassi di crescita, al punto che oggi la loro relazione si sostanzia in un rapporto di tre a due, 60 contro 40 milioni circa ed è destinato a raggiungere presto il pareggio, anche se le fonti e i metodi di calcolo dei visitatori delle mostre non brillano certo per trasparenza.

L'eccesso di offerta non assiste i processi di selezione dei soggetti più solidi e seri, né la maturazione del mercato, che non riesce a premiare i produttori più meritevoli perché schiacciati da mostre blockbuster spinte dal marketing.
"L'Italia avrebbe davvero bisogno di una salutare cura dimagrante - ha osservato Guido Guerzoni - al giorno d'oggi le mostre sono indispensabili, ma va ripensato radicalmente il sistema produttivo, la funzione culturale, il ciclo di gestazione, il calendario, la politica dei prezzi. Non si vuole negare che gli eventi espositivi rappresentino un importante strumento di valorizzazione del patrimonio culturale e di mediazione delle produzioni più innovative: le mostre sono indispensabili, quando rispondono a un progetto culturale sensato – ha proseguito Guerzoni - tuttavia nel Belpaese la loro funzione è stata travolta e stravolta da una proliferazione che ha raggiunto livelli grotteschi, massacrando la qualità e sollevando interrogativi del tutto leciti". "Sarebbero auspicabili - conclude Guerzoni - meno spazi effimeri e più strutture museali, meno quantità e più qualità, meno passato e più futuro, più progetti culturali sensati, attenti alle esigenze di un pubblico assai meno ignorante di quanto si pensi'".


Fonte: ArtEconomy24

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