venerdì 16 novembre 2012

Montanari: l'arte è una questione politica e l’identità civile del nostro Paese.




Tomaso Montanari non ha nulla dello studioso libresco e polveroso. Combattivo, instancabile difensore di una visione «attiva» della storia dell'arte, Montanari, fiorentino, classe 1971, docente alla Federico II di Napoli, scrive sul suo blog: «Sono convinto che gli storici dell'arte servano a fare entrare le opere d'arte nella vita intellettuale ed emotiva di chi si occupa di tutt'altro. Penso anche che l'amore per la storia dell'arte non debba essere un fatto privato (o peggio un'evasione, o un modo per non pensare), ma pubblico e “politico”». 

In un’intervista per il Corriere del Mezzogiorno, Montanari afferma: “Oggi l'arte (del passato o del presente non importa) è avvertita come una splendida superfluità, un ornamento, un intrattenimento per ricchi sfaccendati. Non è sempre stato così: nella tradizione italiana, e prima ancora in quella classica, l'arte figurativa non è mai stata un fatto privato, né tantomeno un'evasione nella neutralità morale dell'estetica: almeno quanto la letteratura, l'arte ha invece strutturato e rappresentato il pensiero e l'identità civile del nostro Paese. Chi passeggia nelle nostre città storiche avverte che la bellezza che lo circonda è inseparabile dal senso di cittadinanza, di giustizia e di vita morale che quasi informano ogni pietra e ogni statua». 

Continua dicendo: “Oggi non è più così in parte per l'invadenza del dio dei nostri giorni: il mercato. Se il patrimonio artistico deve servire a far soldi (lo sostiene in questi brutali termini, per esempio, Matteo Renzi), non produce più cittadini, ma clienti. Ma la colpa è in gran parte degli storici dell'arte, chiusi in un discorso autoreferenziale e disinteressati a parlare ai cittadini. E invece abbiamo bisogno di una vasta campagna di alfabetizzazione figurativa: l'arte riacquista, può riacquistare, la sua dimensione civile se gli storici dell'arte fanno il loro dovere”.

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