I CONSIGLI DI IGOR ZANTI.
Immaginiamo un collezionista che vuole iniziare una raccolta d’arte contemporanea e dispone di 20.000 euro. Che cosa gli consiglia?
Con 20.000 euro si può iniziare una collezione piccola ma con lavori molto belli, puntando su artisti che, pur avendo prezzi molto contenuti, lavorano piuttosto bene. Mi concentrerei sugli artisti italiani, che hanno ancora quotazioni abbordabili e che meritano una sempre maggiore attenzione da parte del collezionismo. Attenzione, tra l’altro, che può essere ben ripagata sul lungo periodo se si fanno scelte ragionate.
Penso a Max Papeschi, con la sua serie di bianchi e neri che si sta muovendo molto bene anche all’estero, a Vanni Cuoghi, ma anche, rimanendo nell’ambito del neopop o del newbrow, a Laura Giardino, a Massimo Gurnari, a Giuliano Sale, oppure, ancora, a Michael Rotondi, che a brevissimo parteciperà ad una tripla personale in una delle più importanti gallerie di Mumbai.
Incontrano, tra l’altro, l’interesse di un pubblico molto trasversale e sono al centro di un impegno da parte di critici e gallerie per una loro promozione anche sui mercati esteri.
Consiglierei, inoltre, un investimento su opere un poco più costose ma comunque di grandissima qualità, come i lavori di Paolo Schmidlin che, a mio parere, è un autore molto molto sottovalutato a livello di mercato.
E con un budget di 50.000 euro?
Con un budget un po’ più alto credo si possa pensare ad internazionalizzare la collezione, rimanendo sempre sul versante dei giovani e rivolgendosi ad artisti provenienti dall’estero ed i particolare dall’oriente, che è uno dei nuovi e più promettenti scenari per l’arte contemporanea. In questo caso, senza ombra di dubbio, punterei su Thukral e Tagra, due eccezionali artisti indiani che lavorano con una vera e propria istituzione dell’arte nel subcontinente, la galleria Nature Morte, oppure alla giapponese Katsuyo Aoki, che è una dei porta bandiera di un progetto di rinascita della tradizione figurativa e decorativa giapponese. Spostandoci un po’ più ad ovest, ed in particolare nell’ex Unione Sovietica, mi concentrerei sul lavoro di Sasha Frolova e sulle sue futuristiche sculture gonfiabili in latex, una giovane autrice che sta lavorando molto bene e che è molto vicina – ne è stata per diversi anni assistente e collaboratrice – ad Andrej Bartenev, una vera e propria star dell’arte russa.
Quali sono gli artisti su cui investire oggi?
A mio parere un investimento – mi si conceda la parola – “speculativo” ha senso nei paesi dove la ricerca artistica è in forte espansione. Bisogna, di conseguenza, tenere sempre sott’occhio l’India, che sta avendo sulla scorta dello sviluppo economico una rinascita culturale molto importante e presenta un panorama artistico variegato e fortemente in crescita. Da non sottovalutare anche i Paesi Arabi, realtà fortemente emergenti, come ha dimostrato la bella rassegna “Future As Promise”, una sorta di padiglione pan-arabico presentato due anni fa alla Biennale di Venezia.
Avendo disponibilità economiche importanti terrei, inoltre, sott’occhio il lavoro di Laurent Grasso, artista francese che sta avendo un interessante sviluppo, l’iracheno Adel Abidin e l’italiano, oramai trapiantato negli Stati Uniti, Andrea Bianconi.
Meglio un’acquaforte di Morandi o un dipinto di un giovane emergente?
Assolutamente un dipinto di un giovane artista. Un’acquaforte di Morandi in ogni caso è un lavoro secondario nel catalogo dell’artista. Il lavoro di un giovane artista è invece una scommessa, è qualcosa che si apre sul futuro. Può essere una scelta azzardata ma più apprezzabile ed anche più divertente.
E’ necessario investire sull’arte giovane se vogliamo che ci sia un futuro per l’arte.
Acquistare un’acquaforte di Morandi può essere rassicurante da un punto di vista economico, ma è poco divertente. Investire sui giovani è un modo anche minimo per farsi promotori dell’arte contemporanea.
Storicamente le grandi collezioni nascono da persone che si sono messe in gioco ed hanno scommesso su artisti giovani o poco conosciuti. Non dimentichiamo che una della più importanti collezioni d’arte americana è nata dallo spirito visionario di un collezionista che ha saputo scommettere sul futuro, Giuseppe Panza di Biumo. Panza, pur non aveva immense possibilità economiche, ha raccolto una collezione che si sono contesi i musei di tutto il mondo. Avrebbe potuto collezionare Morandi, De Pisis o gli artisti più “sicuri” che andavano di moda, ma ha scelto di rischiare, di scommettere, di lasciarsi guidare dall’istinto e non ha quasi mai sbagliato. Ancora più significativo, in questo senso, è il caso di Herbert e Dorothy Vogel, due impiegati di New York che in cinquant’anni, con limitatissime risorse, hanno stipato una collezione immensa di opere – si parla di circa cinquemila lavori – di piccolo formato nel loro appartamento di due stanze a New York. Non grandi cifre, ma grandi intuizioni.
Che posizione hanno gli artisti italiani nel panorama dell’arte contemporanea?
Il discorso è un po’ complesso e riflette la particolare situazione del nostro paese.
Deteniamo, secondo uno studio dell’Unesco, il 70% del patrimonio artistico mondiale. Inevitabilmente, la maggior pare dei fondi dedicati alla cultura sono destinati alla conservazione e mantenimento di tale patrimonio.
Per l’arte contemporanea rimane ben poco, o quasi nulla, e manca un supporto istituzionale serio che permetta ai nostri artisti di poter lavorare ed essere presentati sulla scena internazionale.
Questo vuoto viene colmato dal sistema delle gallerie private – al momento, tra l’altro, molto in crisi – però la galleria lavora con ottiche differenti rispetto alle istituzioni: è una realtà commerciale, a cui viene demandato anche il ruolo di promotore culturale.
Questa anomalia comporta una ridottissima visibilità a livello internazionale e la presenza di pochissimi artisti sui palcoscenici esteri.
Se escludiamo i grandi nomi quali Vezzoli, Cattelan, Beecroft, quasi nessun artista italiano contemporaneo ha una visibilità di rilievo.
Al momento ci troviamo ai confini dell’impero, schiacciati, da un lato, dalla propaggine anglo americana, e dall’altro dal mastodonte orientale e privi di qualsiasi supporto che non sai l’iniziativa privata.
Quali sono le nuove tendenze nell’arte di oggi?
E’ difficile parlare di tendenze, o specificarne alcune. Girando per una grande fiera internazionale si trova veramente di tutto, dall’arte tardo concettuale alle derive neopop. Se la prima raccoglie, senza soluzione di continuità, l’eredità degli anni ’60 e ’70, la seconda è forse l’elemento di maggior novità nel panorama artistico internazionale. Siamo comunque e sostanzialmente in una deriva neoduchampiana, dove tutto è ammesso, in una dimensione post moderna dove è difficile parlare di singola tendenza perché i fenomeni culturali si sono fatti più complessi, dove vige un unico imperativo: ibridare.
In internet si sono sviluppate nuove forme d’arte?
Quella che viene definita arte virtuale è una realtà molto complessa ed oggetto di continua ricerca e definizione.
Con l’avvento di internet si sono sviluppate nuove forme di fare arte che però sfuggono ad una classificazione precisa.
Forse si può affermare che in internet ed attraverso la rete si sia attuata una rivoluzione post moderna dove l’ibridazione dei linguaggi, che vanno dalla grafica al cinema, dalla dimensione virtuale più classica alla perfomance interattiva, sta trovando terreno fertile.
E’ una dimensione talmente fluida che è difficile storicizzarla e definirla, ma che comunque bisogna tenere sempre presente. In tutto questo si inserisce anche un continuo modificarsi dei supporti, che cambiano ad una velocità impressionante, rendendo obsolete molte realtà artistiche nel giro di pochissimi anni.
L’era digitale ha una dimensione del tempo molto differente: pensiamo solo alle esperienze nate su Second Life, che stanno all’arte digitale contemporanea come una tavola di Simone Martini sta a un Pollock.
Bisogna inventarsi tutto in questo campo, anche nuove forme di giudizio critico… però è indubbiamente un panorama ed una prospettiva che necessariamente bisogna tenere presente se si pensa al futuro.
WHO’S WHO.
Igor Zanti è nato a Milano nel 1973. Si è laureato all’Università Statale di Milano in lettere moderne con una tesi in Storia dell’arte medievale e moderna.
Svolge da diversi anni attività di critico e curatore, collaborando con gallerie italiane ed internazionali e con diverse riviste d’arte. Insegna all’Istituto Europeo di Design ed è ideatore ed autore di programmi televisivi dedicati all’arte ed alla cultura contemporanea.
Fonte: ADtoday
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