Caro direttore, viviamo in una
città, Roma, dove la cultura museale del contemporaneo ha sempre riscosso
scarso credito; in una nazione, dove un sito come Pompei non riesce a
guadagnarsi la propria autonomia economica (fa riflettere, di contro, che la mostra
londinese Life and Death in Pompeii and Herculaneum abbia ottenuto un grande
successo di pubblico). Oggi più che nel passato l'affermazione degli artisti
italiani è in balia dei gusti della società anglosassone, a cui devono aderire
a rischio di essere sepolti dalla polvere dell'indifferenza - si pensi alle
scadenti mostre finanziate dall'Enel; inoltre, buona parte della borghesia -
poco illuminata, tantomeno indipendente - tende a scopiazzare le scelte
"vincenti" di altre culture, con esiti mediocri. I lavori dei
futuristi, i migliori De Chirico, Fontana, Manzoni e Boetti sono stati
acquisiti dai musei stranieri, mentre le nostre istituzioni ne hanno solo opere
minori. Queste premesse, a mio avviso, aiutano a definire il ruolo che dovrebbe
avere il museo: rappresentare il pensiero e la cultura di un popolo. L'operato
di Palma Bucarelli deve essere d'esempio, perché dimostra come la soluzione del
problema non risieda nella disponibilità economica, ma nei muscoli cerebrali.
Quando in Italia esisteva un'aristocrazia illuminata, una chiesa visivamente
colta, sono stati creati dei capolavori. Ai politici di questa città
chiedo dunque, con umiltà, di unirsi al gruppo di generosi e per il momento
donchisciotteschi privati e di riprendere in mano i musei che dovrebbero
rappresentarci, con l'orgoglio di dare visibilità all'Italia e al mondo intero
dal nostro punto di vista.
Giuseppe Gallo
Fonte: Repubblica
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